da Brescia Musica di agosto 2006

Da Brescia la “Piccola Orchestra Apocrifa”
De André “da camera"
A cura di Carlo Bianchi

Ammoniva un autorevole storico francese che giudicare un fatto è un po’ come osservare un oggetto: se è troppo lontano non si vede, ma se è troppo vicino non lo si riesce a mettere a fuoco. Sono passati sette anni dalla morte di Fabrizio De André. Attenuatasi l’onda di sensazione mediatica che l’avvenimento di cronaca aveva comprensibilmente suscitato, i tempi sono ormai maturi per cercare di comprendere se e come i contenuti del cantautore genovese possono continuare ad essere recepiti anche senza di lui. I suoi dischi, che a dispetto di un’apparente aura “alternativa” erano sempre stati venduti molto, in questi anni sono stati ancora più richiesti e immessi sul mercato: compact vecchi e nuovi, ristampe, raccolte con allegati illustrativi. Non mancano le cover, cioè i rifacimenti di sue canzoni da parte di altri cantanti. Una prassi, questa, che non riguarda solo le incisioni ma le esecuzioni live in generale. Sono tanti i gruppi che, spesso nell’ambito di vari “tributi”, portano sui palchi di tutta Italia la musica e i testi di De André.
Va oltre l’idea del semplice tributo, però, il progetto della “Piccola Orchestra Apocrifa” diretta da Giorgio Cordini. Il chitarrista bresciano, uno dei fedeli musicisti di De André a partire dal tour Le nuvole del 1991, recentemente ha infatti dato vita ad un organico che propone una particolare esecuzione integrale de La Buona Novella.
Storico concept-album del 1969 in cui De André canta le vicende di Maria e Gesù ispirandosi alle fonti dei Vangeli Apocrifi, La buona novella, in ragione della sua non comune profondità culturale e della sua coerenza narrativa, è stata già oggetto di varie rivisitazioni. Da segnalare soprattutto una versione teatrale videoregistrata nel 2002 dal Teatro dell’Archivolto, con la regia di Giorgio Gallone e gli arrangiamenti di Carlo Boccadoro eseguiti dall’ensemble “Sentieri selvaggi” (e fra i personaggi cantanti-recitanti, oltre a Lina Sastri, Leda Battisti e Andrea Ceccon, anche Claudio Bisio). La versione della “Piccola Orchestra Apocrifa” si pone idealmente sulla scia di quella arrangiata da Boccadoro per “Sentieri Selvaggi”.
Si tratta in entrambi i casi di versioni per un organico da camera, che conferisce alle originali canzoni del disco un ordito più ricercato e accurato. In particolare l’organico di “Sentieri Selvaggi” conta flauto, ottavino, clarinetto e clarinetto basso, quartetto d’archi, arpa, pianoforte e percussioni, accanto ai cantanti solisti e un coro di tre elementi. La Piccola Orchestra Apocrifa è invece formata, oltre che da Cordini stesso alla chitarra e al bouzouki, da Enzo Santoro (flauto, ottavino) Stefano Zeni (violino) Michele Gazich (viola), Daniela Savoldi (violoncello), Gaspare Bonafede (percussioni), Maria Cordini e Denise Pisoni (cori) e Alessandro Adami (voce solista).
“Sentieri selvaggi”, ensemble dedito alla musica colta d’avanguardia, non è stato impiegato da Boccadoro per modernizzare e stravolgere La buona novella, quanto per uno “spostamento di prospettiva – nelle parole dello stesso Boccadoro – che grazie all’inserimento di alcuni contrappunti non presenti nel disco rende questo materiale pop con colori differenti; non necessariamente migliori, solo differenti.” Gli arrangiamenti de La Buona novella nella versione della “Piccola Orchestra Apocrifa” sono stati curati da Cordini stesso, Michele Gazich e Stefano Zeni. Ascoltata nell’ambito della rassegna pasquale Il canto dell’anima, presso il Cinema del nostro Villaggio Sereno, la performance dei musicisti bresciani ha mostrato al pubblico le canzoni della Buona novella, Laudate Dominum, L’infanzia di Maria, Il ritorno di Giuseppe… fino a Via della croce, Il testamento di Tito e Laudate hominem, distribuite in un gradevole gioco di accompagnamenti e precisi incastri polifonici che anche grazie al morbido timbro di archi sempre intonati restituisce rinnovata la dimensione lirica e suggestiva dei versi.
Così, uno dei dischi di De André che dal punto di vista dei testi è sicuramente fra i più riusciti, non solo per l’argomento e la sua singolarissima portata allegorica ma anche per alcune punte di poesia visionaria (si ascolti Il Sogno di Maria), viene reso, una volta tanto, in un modo che non fa rimpiangere la presenza del suo autore. Qui però è d’obbligo spendere qualche parola, oltre che sull’arrangiamento strumentale, anche sulla voce di Alessandro Adami; una voce che richiama in modo assai fedele le tonalità fonde e avvolgenti di De André. Come ha sottolineato Mauro Pagani su queste pagine (BresciaMusica n° 98, pp. 8-9), le qualità vocali di De André, non solo il suo timbro e la sua intonazione ma anche la sua capacità di valorizzare la parola, sono testimoniate dalla quantità di cantanti che oggi si cimentano in cover di sue canzoni senza ottenere gli stessi risultati. Le interpretazioni di Adami dunque segnano un non trascurabile punto di distinzione per la “Piccola Orchestra Apocrifa”, anche rispetto a una operazione di alto livello come quella di Boccadoro e “Sentieri Selvaggi”. I concerti della “Piccola Orchestra Apocrifa” non si limitano poi alla Buona novella ma includono anche altre canzoni di De André, interpretate seguendo i medesimi criteri di arrangiamento cameristico. Spicca in tal senso La guerra di Piero: un ritmo di tarantella trasfigurato da una strumentazione al limite della fuga.
Come dicevamo, il “direttore” dell’Orchestra è Giorgio Cordini, che ha rivestito un ruolo importante nell’ideazione del progetto e nella fase di arrangiamento. Oltre che con De André, Cordini, spesso insieme agli ex componenti della bresciana Wha Wha Band Max Gabanizza e Joe Damiani, ha collaborato con cantautori come Mauro Pagani, Massimo Bubola, Massimo Ranieri e Roberto Vecchioni. Popolare nel bresciano, molti lo ricordano quando qualche anno fa, accompagnando la figlia Marta in alcune canzoni di De André, aprì lo storico concerto di James Taylor in una Piazza Duomo stracolma.
“Piccola Orchestra Apocrifa”. Un gruppo che richiama La Buona Novella di De Andrè già nel nome.
“In effetti l’aggettivo si riferisce a quelle fonti evangeliche non ufficiali – non i quattro evangelisti, bensì una serie di vangeli ‘inautentici’ o ‘nascosti’, appunto apocrifi, di altri scrittori medio-orientali – che Fabrizio aveva utilizzato per il suo disco. Ma nell’“apocrifo” dell’Orchestra si rispecchia anche il suo stile e la particolare costituzione del suo organico. Abbiamo formato questo gruppo con musicisti che provengono sia dall’ambito folk-rock sia da quello ‘colto’. Suoniamo musiche di estrazione leggera e popolare ma con un’impostazione ‘scritta’ di tipo classico. In un certo senso, siamo una specie di ‘falso’”.
Come è nata questa rilettura de La buona novella?
“L’idea da cui è scaturito il progetto risale a quattro anni fa, quando M° Tommaso Ziliani decise di proporre La buona novella in una versione per coro, voce femminile solista e strumenti. Il coro, “Il labirinto”, era costituito da oltre trenta elementi e la voce solista era di Gloria Busi, mentre fra gli strumentisti, oltre a me, c’erano alcuni componenti dell’attuale “Piccola Orchestra Apocrifa” come Stefano Zeni e Michele Gazich. Questa versione venne eseguita nel 2003 al Teatro Odeon di Lumezzane, a conclusione di un progetto didattico per le scuole, e poi replicata una decina di volte. Era una Buona novella efficace, anche piuttosto complessa nelle parti corali elaborate da Ziliani. Dal mio punto di vista però il disco poteva essere reso con una maggiore fedeltà alle emozioni della voce di Fabrizio e con una maggiore libertà negli arrangiamenti strumentali. Anche qualche richiesta di eseguirla senza il coro ci ha portato infine al progetto attuale. Poi seguendo questo indirizzo abbiamo iniziato a includere anche altre canzoni, sempre di De André, cosicché i nostri concerti risultano divisi in due parti: nella prima suoniamo La buona novella integralmente e senza interruzioni, nella seconda un gruppo di canzoni varie”.
Dunque musicisti di estrazione “mista”, impegnati in un repertorio leggero e con una strumentazione di stampo classico, che si pone talora in modo decisamente polifonico. Come vi siete divisi gli arrangiamenti?
“In queste cose, a differenza della composizione classica, si sa, il lavoro è sempre un po’ d’insieme. Unendo le conoscenze mie e di due suonatori di strumenti ad arco che hanno anche solidi studi come arrangiatori, ovvero Michele Gazich e Stefano Zeni, abbiamo trovato una veste ‘da camera’ che si basa quasi totalmente su parti scritte, reciprocamente regolate in modo rigoroso. Così agli strumentisti è richiesta una costante attenzione e precisione articolativa che va oltre quella normalmente necessaria nel generico rapporto con una sezione ritmica basso-batteria”.
Questa “trasparenza” di scrittura emerge soprattutto in quella versione strumentale de La guerra di Piero così canonica. Anche quello è il risultato di un lavoro di insieme?
“Quello è un arrangiamento mio, che risale a circa tre anni fa”.
Lei ha fatto studi di composizione? Qual è stata la Sua formazione?
“La mia all’origine è una preparazione da chitarrista autodidatta. Poi la continua attività con i vari De Andrè, Vecchioni, Bubola, Pagani etc. mi ha portato ad approfondire lo studio della chitarra e del bouzouki e a comprendere sempre di più il rapporto fra i miei strumenti e i gruppi che di volta in volta avevo attorno. Nell’ambito della musica pop funziona un po’ così. Date certe capacità di partenza si cresce sul campo, per così dire: interagendo con gli altri ci si crea progressivamente un bagaglio di conoscenze, di lettura, armoniche, di arrangiamento in generale. Ho iniziato a suonare che avevo quattordici anni, ora ne ho cinquantasei. Ho fatto una vita, insomma, a contatto con musicisti che mi hanno dato molto”.
La buona novella è uno di quei dischi che in ragione dei legami tematici fra le canzoni si prestava assai bene ad una proposta concertistica integrale come la vostra. Per il futuro potreste pensare anche agli altri concept-album di De André, come Non al denaro, non all’amore né al cielo o Storia di un impiegato?
“Non è escluso. Però c’è da dire che La buona novella è adatta ad un arrangiamento come quello della ‘Piccola Orchestra Apocrifa’ anche da un punto di vista strettamente musicale. Un disco musicalmente lacerato come Storia di un impiegato potrebbe presentare maggiori problemi di trasposizione.”
Per concludere, Le vorrei chiedere un ricordo personale sulla figura di De André. Mauro Pagani ci ha parlato di un De André non solo colto e sensibile scrittore di testi, ma anche musicalissimo performer: per il canto e il suo modo di accompagnarsi con la chitarra, per il suo ritmo complessivo.
“Confermo. Ho sempre detto anch’io che Fabrizio era molto più musicale di quanto si crede generalmente. Per molti aspetti. A questo proposito potrei citare un particolare. Nella canzone Amico fragile [incisa dal vivo sia con la PFM nel 1978 sia nell’ultimo live del 1998, n.d.r.] Fabrizio si accompagnava con un velocissimo arpeggio che continuava ininterrotto per tutti i nove minuti del pezzo. Durante la preparazione di una tournée, io e Michele Ascolese avevamo voluto provare ad eseguirlo per fare in modo che lui fosse più libero di cantare, ma non riuscivamo a renderlo con la stessa efficacia con cui lo eseguiva lui con la massima spontaneità. Posso dire che, per come l’ho conosciuto io, Fabrizio De Andrè non era un artista solo nello scrivere testi.”
La “Piccola Orchestra Apocrifa” viene sempre salutata da un caldo successo di pubblico, e qualche settimana or sono, in occasione di un concerto a Bergamo, ha ricevuto anche un sentito apprezzamento da parte di Dori Ghezzi, moglie di De André.